CARO BABBO NATALE
Caro Babbo Natale, l’anno scorso hai pensato che forse avevamo visto quasi tutto ciò che di negativo potesse succedere e, dopo dieci anni in caduta libera, ci hai ricordato che siamo un popolo di sognatori e che fosse giunto il momento di rialzarsi, guardare in alto e sognare.
Abbiamo dovuto toccare il fondo, guardare il fantasma del fallimento faccia a faccia col suo ghigno beffardo.
Andavamo in giro per la città affermando che tu, caro Babbo Natale, non sei mai esistito, che sei soltanto una favola per i bambini, un’utopia. Fortunatamente, però la vita, nel bene e nel male, ci porta il conto con tempi e modi per noi imprevedibili e, a distanza di un anno siamo qui ad ammirare uno scenario completamente diverso, talmente diverso che neanche il miglior autore avrebbe potuto scrivere una simile storia.
Ogni tanto è bene riavvolgere il nastro, non per mero esercizio nostalgico, ma per guardare con gli stessi occhi di un bambino la notte di Natale, tutto il film di un anno in cui siamo passati da Calimero al Principe Azzurro (anzi Amaranto) delle favole più belle.
Ed ecco che i 14.000 del playoff, la cavalcata del girone di andata, i record sbriciolati uno dopo l’altro assumono un valore diverso. Ed ecco che noi, che avremmo dovuto guardare dal basso il Bari, ma non solo, solleviamo finalmente lo sguardo e vediamo sfrecciare te, Babbo Natale, con le tue renne e ci regali una scorta di stupore, un supplemento di sogni e una spruzzata di sano ottimismo, ma soprattutto un binocolo per guardare lontano, per credere che anche a Reggio si può , che il sogno amaranto già iniziato, contagerà tutta la città.
Caro Babbo Natale, quest’anno il tuo vestito ci sembra più amaranto che mai.