ERA IL 30 MAGGIO
Era il 30 maggio. Il tempo volgeva al bello, la primavera era iniziata da un pezzo ma il mare era in burrasca.
La barca stava imbarcando acqua da tutte le parti, sarebbe affondata un mese dopo quando sarebbe stata disabitata ma questa è un’altra storia.
Era il 30 maggio e quel giorno non doveva affondare. Il Mare dello Stretto sarebbe stato impervio ma qualche giorno prima la barca aveva retto le alte onde mentre ancorata in porto.
La leggenda narra che uno dei vice comandanti, Totò da Palermo, uscì sul ponte della barca mentre imperversava la burrasca e urlò a pieni polmoni verso il tumultuoso mare: “Me la suchi tu e tutti i buddaci”.
Era il 30 maggio e Giacomino il comandante fece salpare l’incerottata barca amaranto, tutti sapevano che quello sarebbe stato l’ultimo viaggio e non c’era scampo: tornare da eroi o affogare nel mare. Fu una battaglia contro le onde ma i vice comandanti Manu, Bruno, Totò, David ne avevano viste di tutti i colori e si misero a guidare la truppa, sostenuta dal giovane mozzo Ciccio.
Fu un giorno difficile, il veliero imbarcava acqua, la truppa era sfinita, tutto sembrava stesse per finire quando da prua si sentì il marinaio Pietro urlare: “Siamo a casa!!!”. Le onde d’improvviso cessarono, la barca era ormai in brandelli ma percorreva gli ultimi metri della sua vita mentre il popolo accoglieva gli eroi tornati vittoriosi dal Mare dello Stretto.
Era il 30 maggio.