REGGIO, L’ENTUSIASMO E LA MEMORIA CORTA
“Passeggiavo per Reggio e non ho sentito disquisire di Reggina. Una depressione e una prostrazione totale”
Parole e musica di Luca Gallo in sede di presentazione, poco più di un anno fa non il secolo scorso.
L’opera di ricostruzione del Presidente si è basata sui gesti concreti, ma ancor di più sull’entrare nel cuore di migliaia di tifosi delusi, anzi depressi come egli stesso aveva affermato, perché il tifoso deluso non abbandona, quello depresso non ha speranze e può anche mollare.
L’effetto è stato immediato, quel fuoco sotto la cenere è venuto fuori prepotente. Le presenze allo stadio sono aumentate in un anno del 500%, i bambini si vestono di amaranto, mio figlio voleva a tutti i costi la maglia di Denis (che fatica aspettare che la Legea producesse taglie per bambini), a Reggio si parla di Reggina! Forse per molti è la normalità, ma per chi ha vissuto gli anni più tristi della storia amaranto non lo è.
Si critica? Ci sta, lo si è sempre fatto nei bar nelle piazze. Il “Non c’è nenti”, “Non vonnu nchianari”, “Chiddu non vali e l’allenatore non è bonu”, paradossalmente sono ritornelli che mi mancavano perché figli di un tempo in cui la Reggina era il simbolo di Reggio Calabria. Oggi quel simbolo è tornato lì dove le compete e non parlo solo sportivamente, ma socialmente.
Lasciamo che il tifoso faccia il tifoso, con i suoi eccessi nel bene e nel male di chi un giorno ti mette sull’altare, l’altro nella polvere. È il bello del calcio.
È, se proprio ci da fastidio visto che siamo nell’era dei social, basta semplicemente ignorare.
Ah dimenticavo: ma davvero credete che un allenatore, un calciatore professionista si destabilizzi per una critica? Se così fosse, ma non è, sarei molto preoccupato. È il loro mestiere, sono personaggi pubblici, abituati ad essere eroi e a volte a subire critiche, ci sta. Ma loro sanno quanto Reggio li ami ed è pronta a segnare il loro nome nel libro degli eroi di questa città!