STARE ZITTI E LAVORARE
Tutti a cercare il o i colpevoli, tutti a dare la croce addosso chi all’allenatore, chi alla società, chi ai dirigenti.
Siamo alle solite almeno da 8 anni a questa parte, cioè dal fallimento della Reggina Calcio cui si poteva attribuire di tutto ma non che ci fossero gli amici di Tizio o di Caio. Uno dei meriti di Foti è stato quello di accentrare su di sé le critiche e le contestazioni spesso schermando tecnico e squadra come avvenne nel 2000 2001 quando la Reggina fece 1 punto in 10 partite con tanto di invasione di campo nella partita contro il Brescia.
In quel caso Foti, con Martino DS, confermò Colomba fino ad arrivare allo spareggio e poi tenerlo in panchina anche dopo la retrocessione.
Oggi alla Reggina manca non Lillo Foti, ma un Lillo Foti, uno che metta una tenda al Sant’Agata, che abbia il polso della situazione, la capacità di interfacciarsi con la squadra e l’autorevolezza di chi è un punto di riferimento per capacità e credibilità visto che, per il terzo anno consecutivo, ci troviamo di fronte ad una crisi lunga e difficile da comprendere.
Nell’intento della società questo profilo doveva essere Gabriele Martino ma anche i muri del centro sportivo sapevano e sanno che tra lui e Taibi c’è (chiamiamola così) una differenza pressoché totale di vedute. Le vicissitudini del DG hanno fatto il resto e così di Martino si sono quasi perse le tracce e ogni comunicazione è lasciata al DS e, di tanto in tanto, al Presidente.
Domenica il dottore Iacopino, che il calcio lo conosce abbastanza e la Reggina è stata casa sua per decenni, ha dichiarato telefonicamente a Tutti Figli di Pianca:
“Tutti parlano troppo, manca solo che appendano una bacheca fuori dal Sant’Agata e parlino pure i magazzinieri. Bisogna stare zitti e lavorare”
Invece, ancora una volta, abbiamo perso di vista il bene unico, la REGGINA! Persi dietro a questo o quell’amico aizziamo il popolo contro Tizio o Caio, lo fanno i tifosi sui social ma lo fa spesso anche la stampa oggi in buona parte pronta a crocifiggere Inzaghi (chissà perché) piuttosto che capire come uscire da questa crisi.
Badate bene, scegliere da che parte stare come chiesto da Saladini non può e non deve significare omettere la verità e limitare le opinioni, soprattutto se si è giornalisti:
Il dovere più pregnante del giornalista e caposaldo del diritto di cronaca è il dovere di verità
In più punti la Carta dei Doveri pone l’accento su quelli che, al pari del dovere di verità, vanno considerati valori etici assolutamente inderogabili: l’autonomia e la credibilità del giornalista.L’autonomia del giornalista serve a garantire l’obiettività dell’informazione. L’informazione obiettiva serve unicamente la collettività, ossia persegue un interesse generale. Il dovere di autonomia vuole impedire che la funzione giornalistica venga subordinata ad interessi particolari. E’ evidente, quindi, che particolari rapporti del giornalista con soggetti interessati ad una informazione compiacente sono visti come il fumo negli occhi.
CHI NON RIPORTA LE NOTIZIE O PEGGIO ANCORA RIPORTA SOLO QUELLE CHE RITIENE “CONVENIENTE” RIPORTARE NON È UN GIORNALISTA CREDIBILE, ANZI FORSE NON È UN GIORNALISTA (Deontologia del giornalista).
Chi crede il contrario e accusa chiunque osi scrivere o parlare fuori dallo spartito di essere nemico forse non si accorge che i veri nemici sono coloro che tifano gli uomini e non la maglia.
Continuiamo a farci male da soli, in effetti ci viene benissimo. Ah come aveva ragione Nicola Giunta.