LA PANCHINA PIÙ SCOMODA
Abbiamo doverosamente ringraziato Mimmo Toscano la cui impresa resterà per sempre negli annali amaranto con tanti record difficilmente eguagliabili, ma la vita ci impone, in nome della madre di tutte le cause, di guardare avanti e di andare avanti.
Sembrerà una frase fatta ma così non è: gli uomini passano, tra chi lascerà un segno indelebile e chi solo un lontano ricordo, la Reggina resta.
E a sedersi sulla panchina amaranto adesso è Marco Baroni che non è di certo l’ultimo arrivato. Il suo curriculum da giocatore prima e allenatore poi è ricchissimo e, come tale, fatto di successi e fallimenti, come ogni allenatore che si rispetti.
Baroni sa di sedersi su una panchina scomoda perché il suo predecessore, oltre ad aver vinto alla grande un campionato, è un Reggino amato dalla gente e con tanti amici tra i tifosi e gli addetti ai lavori e perché la squadra è in crisi di identità, gioco e risultati.
Sa di sedersi su una panchina scomoda perché non avrà il tempo materiale per cambiare come vorrebbe l’impostazione della squadra dovendo, in meno 20 giorni giocare 5 volte, di cui 3 in trasferta, con l’obbligo di fare punti per non affondare prima del mercato di GENNAIO.
Sa di sedersi su una panchina scomoda perché deve responsabilizzare calciatori depressi molti dei quali convinti di essere ancora eroi della scorsa stagione o campioni di passaggio in serie B.
Sa di sedersi su una panchina scomoda perché, alla prima sconfitta, il coro di chi dirà che non era colpa di Toscano e che abbiamo preso un allenatore scarso è pronto a levarsi ALTO.
Guardando in giro il curriculum degli allenatori di grido liberi si scopre che finanche Allegri ha subìto esoneri in carriera, anche Mazzarri tanto per fare due nomi impossibili.
Baroni, che ha avuto anche grandi soddisfazioni in panchina, non è il mago Herrera, ma nemmeno Ansaloni o Chiricallo (pace all’anima loro).
Baroni viene a Reggio sapendo che anche lui si gioca un pezzo di futuro professionale e, soprattutto, Baroni è una persona SERIA e un professionista riconosciuto.
È il momento in cui la madre di tutte le cause deve prevalere sugli uomini, facile a dirsi, difficile a tradursi nei fatti, ma tant’è.
Se vogliamo salvare il giocattolo occorre fare uno sforzo in cui ognuno si assuma le proprie responsabilità a cominciare dai calciatori anche loro osannati come eroi, ma che devono capire che, per passare dall’altare alla polvere basta un attimo e che la gloria va conquistata sul campo lottando e sudando ogni giorno.
Caro presidente hai fatto realizzare tante gigantografie di eroi amaranto, manca quella più importante. Serve un poster gigante di Maurizio Poli negli spogliatoi del Sant’Agata e del Granillo e, a chi domanderà chi sia basta rispondere semplicemente: la REGGINA!