IL DONO, PERCHÉ NESSUNO PUÒ CANCELLARE LA STORIA
17 Giugno 1986, una di quelle giornate da cancellare dal calendario.
È lontano il tempo dei social, del tam tam mediatico della rete, ma la notizia dell’incidente occorso a Massimo Mazzetto si diffonde velocemente da nord a sud della città.
Il classico passaparola aggiunge o toglie qualche particolare alla realtà, una realtà che fin da subito appare tanto tragica quanto irreale, ma si spera.
Quella sera Italia e Francia giocano gli ottavi di finale del mondiale messicano e Platini e Stopyra spazzano via una brutta nazionale.
Forse Massimo andava di fretta proprio per poter vedere la partita o forse chissà. Morirà il giorno dopo lasciando nel cassetto il sogno di diventare un campione, quel sogno che lo aveva portato da Padova a Reggio Calabria, grazie all’ennesima intuizione del Giudice Viola, uno che, prima del cestista, riusciva a misurare il valore dell’uomo. Massimo si arrampica a sui sogni proprio come quando puntava il canestro in entrata, lui convocato in nazionale per i mondiali di Spagna anche se come riserva a casa forse aveva capito che la sua carriera stava per avere una svolta importante.
Purtroppo il destino ha scelto il modo peggiore per farlo diventare leggenda, ma le leggende non muoiono mai e nessuno può scalfirle, nemmeno una scultura distrutta da chi non conosce il valore della storia, di una vita spezzata, di un sogno.
Il DONO ci restituisce un po’ di quei sogni di Massimo, forse anche un po’ di sana e vera regginità, ci mette di fronte alla storia con riverenza e sommo rispetto, ci invita ad amare questa terra tanto disgraziata quanto ricca di uomini che l’hanno amata e onorata fino alla fine.
Come vorrei che ai ragazzi di questa città venisse raccontata la storia di tutti quei personaggi che ne hanno dato lustro e che non ci sono più, proprio come Massimo Mazzetto che, pur non essendo Reggino di nascita, amava la nostra città e la nostra terra.