LA SERIE B TRA FOLLIA E GENIALITÀ
Si è molto discusso nelle ultime ore di una possibile Serie B composta da due gironi da 20 squadre cadauno. Il presidente federale, Gabriele Gravina, stasera ha annullato il Consiglio Federale previsto per venerdì 8 maggio, aprendo la strada a soluzioni alternative discusse in questi giorni. Non lo ha detto chiaramente ma il sottotitolo sembra proprio essere la B a 40 squadre.
Diciamolo subito: l’idea è sul tavolo e, da fonti qualificate, viene prospettata come unica soluzione nel caso (sempre più probabile) in cui i campionati di Serie B e C non dovessero ripartire. È indubbio che la soluzione migliore sarebbe quella di finire sul campo ma il termine del 2 agosto imposto dalla Uefa è una mannaia che si abbatte sulle leghe minori: si potrà chiedere di arrivare a fine agosto, in concomitanza con le Coppe Europee, ma i tempi sono strettissimi. L’idea di adeguare fin da ora il calendario internazionale al Mondiale che si disputerà in Qatar tra novembre e dicembre 2022 non piace all’Uefa, oppositrice della Fifa, è la frittata è pressoché fatta.
Il grosso rischio, tornando alle nostre latitudini, sono i molteplici ricorsi che potrebbero scaturire favorendo o danneggiando determinate società a tavolino. La soluzione della B a 40 squadre metterebbe d’accordo tutti, spazzando via (almeno momentaneamente) la Serie C: pensate un po’, l’idea sembra essere folle ma in realtà ha tutte i contorni della genialità. Andiamo per gradi: nessuna delle squadre di B dovrebbe retrocedere, così i primi ricorsi sarebbero evitati. Dalla C le prime quattro potrebbero essere promosse senza problemi: Reggina, Monza, Vicenza e Carpi. E dopo basta seguire le norme dei ripescaggi per stilare chi ha diritto a partecipare alla B allargata. Bari, Catanzaro, Ternana, Reggiana, Padova, Piacenza: piazze storiche che in B dovrebbero starci di diritto. Le norme per i ripescaggi prevedono diversi pesi: 50% la classifica dell’ultimo campionato, 25% la storia del club dal 1929-30 ad oggi, 25% gli ultimi 5 anni al botteghino. Soluzioni come ripescare squadre fino al settimo posto sono, leggendo le norme, improponibili allo stato attuale.
Fondamentale la questione economica: la Serie B ad oggi riceve la mutualità dalla Serie A, si tratta del 6% da calcolare sull’ammontare degli introiti totali della massima serie: 1 miliardo e 414 milioni. La Serie C invece prende il 2% di mutualità, con la riforma proposta l’8% entrerebbe nelle casse della Serie B. Poi ci sono i diritti tv che possiedono Perform (concessionaria di Dazn) e Rai: costo totale 25 milioni di euro. Raddoppiabili se i campionati diventassero due invece di uno, con la possibilità di far tornare in partita anche Sky e Mediaset. Inoltre ci sarebbero circa 3 milioni di euro risparmiati dal paracadute per le squadre che retrocedono dalla B alla C.
I conti (della serva) sono presto fatti: una società di B arriva a quasi 5,5 milioni di euro tra mutualità e diritti tv, una B a 40 squadre porterebbe la quota a 4,150 milioni (raddoppiando, come detto, gli introiti delle tv e sommando il paracadute). Per arrivare a 5,5 milioni a squadra basterebbe che le 20 squadre di A si tassassero oppure che intervenisse il Governo: a questo punto mancherebbero 53 milioni di euro. La Figc ha chiesto che l’1% dei proventi delle scommesse finisse nelle sue casse. Lì ci sarebbe la quadratura del cerchio. Giova ricordare che il calcio, ogni anno, versa allo Stato circa un miliardo di euro di tasse.
La ricaduta sarebbe anche sulla D con tre gironi perché sarebbe un campionato dilettantistico, con contratti di quel genere meno gravosi per le società. Il semiprofessionismo necessita di un Governo e di una legge specifica ma la spericolatezza (eufemismo) di Spadafora è sotto gli occhi di tutti. E nell’attuale Serie C la maggior parte dei contratti sono annuali. Quelli nuovi andrebbero ridiscussi con le norme dilettantistiche, mettendo fuori gioco una Aic sempre più confusionaria che avrebbe due squadre: rifiutare e creare una disoccupazione devastante, oltre a prendersi la responsabilità di far saltare il giocattolo oppure fare buon viso a cattivo gioco.
Sul cambio del format gioca a favore ciò che è successo qualche anno fa con la B a 19 squadre: “Sotto il profilo procedurale la modifica del format del Campionato 2018/2019 risulta essere stata posta in essere nel rispetto di quanto previsto dall’art. 27, comma 3, lett. d) dello Statuto della FIGC, avendo in particolare il Commissario esercitato i poteri del Consiglio federale, d’intesa con la sola Lega interessata (la Lega Nazionale Professionisti di Serie B), incidendo l’azione intrapresa solamente sul relativo Campionato, sentite le componenti tecniche – AIC ed AIAC – che dovevano essere consultate (peraltro senza aver titolo a manifestare un formale assenso vincolante alla modifica)” recita la sentenza del Consiglio di Stato emessa il 24 febbraio scorso.
Insomma, sembra una follia, potrebbe essere il coniglio dal cilindro che salva il calcio di oggi e del futuro. E non per forza i gironi devono essere divisi tra Nord e Sud ma si potrebbero dividere, come fece la C qualche anno fa, in Est e Ovest. Nulla vieta un giorno di tornare a tre campionati distinti, da 20 squadre ciascuno divise tra A, B e C. La speranza di tutti è che Fifa e Uefa trovino un accordo e si finisca sul campo. Ma guai a non avere un piano B. Ed in una situazione d’emergenza serve qualcosa di stravolgente.